SUICIDIO
1. Se non avessi il senso dell'umorismo, mi sarei suicidato da un pezzo.
Gandhi 1869 – 1948
2.Prendo tutti i giorni il rimedio che l'incomparabile Dickens prescriveva contro il suicidio. Consiste in un bicchiere di vino, un boccone di pane e di formaggio e una pipa di tabacco. Vincent Van Gogh 1853 – 1890
3.Non che il suicidio sia sempre follia. Ma in genere non è in un accesso di ragione che ci si ammazza. Voltaire 1694-1778
4.Il suicida è un carcerato che, nel cortile della prigione, vede una forca, crede erroneamente che sia destinata a lui, evade nottetempo dalla sua cella, scende giù e s'impicca da sé. Franz Kafka 1883 − 1924
x.Immaginate la vita senza la morte. Per la disperazione si tenterebbe tutti i giorni di uccidersi. Jules Renard 1864 – 1910
x.Chi non stima la vita, non la merita. Leonardo da Vinci 1452 – 1519
x.La morte è dolce a chi la vita è amara. Tommaso Campanella 1568 – 1639
x.Io non sono nato felice. Da bambino il mio salmo preferito era: «Stanco della terra e carico dei miei peccati». A cinque anni, mi dissi che, se dovevo vivere fino ai settanta, avevo sopportato soltanto, fino a quel momento, la quattordicesima parte di tutta la mia vita, e, intravvedendo davanti a me il tedio che mi attendeva su di un cammino così lungo, lo giudicai insopportabile. Durante l'adolescenza, la vita mi era odiosa e pensavo al suicidio; ma questo mio proposito era tenuto a freno dal desiderio di approfondire la mia conoscenza della matematica. Bertrand Russell 1872 – 1970
x.Fra gli otto e nov'anni, trovandomi un giorno in queste disposizioni malinconiche, occasionate forse anche da salute, che era gracile anzi che no, visto uscire il maestro, e il servitore, uscii dal mio salotto che in un terreno dava nel cortile, dov'era intorno intorno molt'erba. Mi misi a strapparne colle mani quanta ne poteva, ed a metterne in bocca, masticarne, e ingoiarne quanta poteva, benché il sapore me ne riuscisse ostico assai, ed amaro. Aveva sentito dire non so da chi che la cicuta era un'erba che avvelenava, e faceva morire; non aveva fatto nessun pensiero di morire, e quasi non sapea quel che fosse; pure, seguendo un istinto naturale misto con non so quale idea di dolore, mi spinsi avidamente a mangiar di quell'erba, credendo che in quella vi dovea anch'esser cicuta. Vittorio Alfieri 1749 – 1803
x.Io era oltremodo annoiato della vita, sull'orlo della vasca del mio giardino, e guardando l'acqua e curvandomici sopra con un certo fremito, pensava: s'io mi gittassi qui dentro, immediatamente venuto a galla, mi arrampicherei sopra quest'orlo, e sforzandomi di uscir fuori dopo aver temuto assai di perdere questa vita, ritornato illeso, proverei qualche istante di contento per essermi salvato, e di affetto a questa vita che ora tanto disprezzo, e che allora mi parrebbe più pregevole. La tradizione intorno al salto di Leucade poteva avere per fondamento un'osservazione simile a questa. Giacomo Leopardi 1798 – 1837
x.Un uomo può sentirsi così completamente ostacolato, da non cercare più alcuna forma di soddisfazione, ma soltanto distrazione ed oblio. Egli diventa allora un devoto del «piacere». Vale a dire, cerca di rendersi sopportabile la vita diventando meno vivo. L'ubriachezza, per esempio, è un suicidio temporaneo; la felicità che arreca è puramente negativa, una sosta momentanea dell'infelicità. Bertrand Russell 1872 – 1970
x.Ci si può domandare se è ragionevole e morale – questi due termini sono inseparabili – uccidersi.
No! Uccidersi è irragionevole, così come tagliare i polloni di una pianta che si vorrebbe estirpare. Essa non morrà, crescerà irregolarmente, ecco tutto. La vita è indistruttibile, al di là del tempo e dello spazio. La morte non può che cambiarne la forma, mettendo fine alla sua manifestazione in questo mondo. Ma rinunciando alla vita in questo mondo, io non so se la forma che essa prenderà altrove, mi sarà più gradita e in secondo luogo io mi privo della possibilità di imparare e di acquisire a profitto del mio io, tutto ciò che avrei potuto apprendere in questo mondo. D'altra parte e soprattutto, il suicidio è irrazionale perché, rinunciando alla vita a causa del disgusto che essa mi provoca, io mostro di avere un concetto errato dello scopo della mia vita, supponendo che serva al mio piacere, mentre essa ha per scopo, da un lato, il mio perfezionamento personale e dall'altro la cooperazione all'opera generale che si compie nel mondo.
Ed è per questo che il suicidio è immorale. All'uomo che si uccide, la vita era stata data con la possibilità di vivere fino alla sua morte naturale, a condizione di essere utile all'opera generale della vita e lui, dopo aver goduto della vita, finché gli è parsa gradevole, ha rinunciato a metterla al servizio dell'utilità generale, appena gli è divenuta spiacevole; mentre verosimilmente egli cominciava a divenire utile nel preciso istante in cui la sua vita si incupiva, perché ogni lavoro comincia con travaglio.
Nella solitudine di Optynia durante più di trent'anni, giacque un monaco paralitico, che aveva conservato solo l'uso della mano sinistra. I medici dicevano che doveva soffrire terribilmente. Lui non solo non si lamentava mai del suo stato, ma gli occhi fissi sulle icone, con segni di croce ed un perpetuo sorriso non cessava di esprimere a Dio la sua riconoscenza e la sua gioia per quel barlume di vita che conservava in sé. Migliaia di pellegrini venivano a visitarlo ed è incredibile quale benefico irraggiamento proiettava sul mondo quest'uomo incapace di ogni attività fisica. Quel paralitico faceva sicuramente più del bene che migliaia e migliaia di persone in perfetta salute che credono di compiere in diversi campi un lavoro impegnativo ed utile all'umanità. Tolstòj 1828 – 1910